Sergio Amato nasce a Racalmuto (Agrigento) nel 1969 e frequenta l’Istituto d’Arte Fidia di Agrigento per passare poi all’Accademia Di Belle Arti di Palermo, dove consegue il diploma in pittura. Dal 1995 insegna Tecniche dell’Incisione alla stessa Accademia. Artista che dedica la maggior parte della propria sperimentazione artistica alle tecniche grafiche, si cimenta fin dalle prime opere nell’utilizzo di tematiche che denotano un suo impegno politioco e sociale. Nei due ritratti presenti nella collezione Il Renatico, Ritratto di Antonio Gramsci e Ritratto di Darwin, entrambi del 1996, l’artista mostra la propria attenzione verso l’icona che il soggetto rappresenta e non verso le caratteristiche fisiognomiche, costruendo con i dettagli delle effigi che hanno il dovere di contrastare il materialismo, la scarsa istruzione, l’analfabetismo, dilaganti nella società crudele e violenta che lo circonda
Già impegnato in molte manifestazioni espositive, in quest’ultimo anno ha esposto a Milano (Talents - I nuovi fermenti dell’arte italiana), a Cattolica (Rimini) (Segni del tempo - L’opera grafica dell’Accademia di Belle Arti di Palermo), a Mascalucia (Catania) (Mascalucia 2000 - 42° incontro con la pittura), a Palermo (Multimedial Art in commerce).
Le opere di Sergio Amato si trovano in collezioni pubbliche e private.
“La civiltà di fine millennio non presenta più nulla di sacro da rappresentare, ma un intero repertorio di immagini, di modelli da consumare, nella metamorfosi del rito in fantasmagoria”. Così Sergio Amato interviene nella presentazione di Immagine (pieghevole della mostra), Comune di Racalmuto (Agrigento), 1996.
Il ritratto di Gramsci occupa un piccolo rettangolo nell’angolo a sinistra del grande quadrilatero nero dove trovano posto poi solo alcune lettere. Si tratta dell’immagine-ritratto più famosa, più popolare del personaggio forse quella più “consumata”, tant’è vero che se anche riprodotta tagliata (si vedono tre quarti del volto) è subito riconoscibile. Nella “fabbrica” di immagini capaci di colpire la psicologia collettiva Sergio Amato, ripropone il “soggetto” con il proprio valore privilegiato, al di là di ogni tentativo di mercificazione e di facili slogans visivi.
“Quello di Amato è un canto urlato a stordire una umanità sorda tutto ciò che non è materialismo, arida ricerca di un benessere che è figlio di un evitabile olocausto, alla fine di un racconto mai scritto, ma rimato da violenza e crudeltà, ferite impietose inferte al ‘corpo’ del Creato”. (G. Di Piazza, Sergio Amato, in Sottopressione - Incisioni (catalogo della mostra), Palermo, Arti Grafiche Siciliane, 1997).S.T.
L’opera è scandita da tre immagini distinte, messe a sequenza, come lo svolgersi di un racconto. Si inizia dal ritratto di Darwin, poi la doppia elica del DNA e un codice a barre: il ritratto del padre della genetica, il portatore del nostro codice genetico, il sistema per l’identificazione di un prodotto e del suo produttore.
L’opera di Amato lancia un messaggio, rivendica un ruolo di comunicazione sociale, sottolinea il pericolo in una società di consumi altamente tecnologica, che anche la nostra identità biologica possa venire identificata al pari di un qualsiasi prodotto, di una qualsiasi merce, con il meccanismo di un codice a barra. “Per Sergio Amato l’immagine è sempre un falso, un simulacro di un mondo che si dà nella sua reiterata manipolazione” (G. Di Piazza, L’acquaforte una morsura intellettuale, in AA.VV., Sottopressione - Incisioni, (catalogo della mostra), Cinisi-Terrasini (Palermo), Palermo, Arti Grafiche Siciliane, 1997).
La tecnica usata è quella dell’incisione, tecnica antica, che ripristina il valore assoluto del disegno e di una severa manualità, un richiamo al momento puramente creativo e individuale del fare arte in opposizione alla spersonalizzazione propria di una società industriale.
L’immagine di Darwin è resa con grande padronanza della tecnica e sicurezza disegnativa; “Sergio Amato parte dalla forma del dato concreto per raccontarci, attraverso la suggestione quasi logica di un percorso rettilineo, l’elaborazione culturale e intellettuale. Mediante una tripartizione dell’immagine il segno si assolutizza” (F. Sciacca, Sottopressione - Incisioni (catalogo della mostra), Racalmuto (Agrigento), Palermo, Kefa Grafica Lo Giudice, 1996).
S.T.