Sergio Aquila ha frequentato il Liceo Classico e ha poi conseguito la maturità artistica presso il Primo Liceo Artistico di Palermo nel 1983.
Ha frequentato il corso di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 1994 ha insegnato Tecniche dell’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Palermo e, dal 1997 a Reggio Calabria. Insieme ai colleghi incisori palermitani partecipa alle principali esposizioni collettive che ha alternato a mostre personali fra le quali citiamo la Personale alla Galleria Flaccovio, Palermo, 1989. Le opere eseguite a tecnica mista L’Antisublime del 1989 e Il Sublime del 1993 mostrano un un processo di trasfigurazione delle immagini che ha inizio nell’approccio con la lastra e nell’adozione di molteplici tecniche, classiche e sperimentali. In entrambi i lavori Aquila sembra ispirarsi a fonti stilistiche informali, utilizzando linee e materiali primitivi dal sapore rude ed essenziale. Le sue figure appaiono quindi come ricerche della oggettività del personaggio, poco dettagliate nella descrizione dei dati fisiognomici ricordano nella loro sobrietà e laconicità la voglia di descrivere il mondo delle sensazioni e delle emozioni e non quello delle forme e della quotidianità.
Partecipa alle seguenti mostre collettive: La Sicilia e l’epopea Garibaldina, Palermo, 1982; Prima Biennale della medaglia d’arte, Palazzo Strozzi, Firenze, 1983; Premio Nazionale d’Arte Padre Kolbe: l’olocausto, mostra itinerante da Palermo a Lussemburgo, 1983; Rassegna del piccolo formato, Galleria d’Arte Flaccovio, Palermo, 1983; Premio d’arte Città di Campobello di Mazara, Trapani, 1986; Mostra d’arte uno per uno - indicazione verifica, Villa Malfitana, Fondazione Witaker, Palermo, 1986; Sottopressione - Incisioni, Auditorium S. Chiara, Comune di Racalmuto (Agrigento), 1996; Sottopressione - Incisioni, Palazzo dei Benedetti, Cinisi - Palazzo Cataldi, Terrasini (Palermo), 1997; Printmakers International Print Exhibition, Portland Art Museum, Portland (USA), 1997; Palermo Paperworks, Corcoran Gallery - Istituto Italiano di Cultura, Washington (USA), 1997; L’Incisione nelle Istituzioni Artistiche Italiane. Palermo-Roma, Villa Renatico Martini, Monsummano Terme (Pistoia), 1998; Premio di Incisione, Venezia, 1998.
Il lavoro di Sergio Aquila, parte da un processo di trasfigurazione delle immagini che ha inizio nell’approccio con la lastra e nell’adozione di molteplici tecniche, classiche e sperimentali. La storia dell’arte è il terreno su cui costruisce il suo linguaggio grafico: Dürer, Picasso, Goya ma anche, Savinio e gli Espressionisti Tedeschi. Nell’incisione L’Antisublime, del 1989, l’artista sembra ispirarsi a fonti stilistiche informali, soprattutto alle materie grezze di Alberto Burri, agli impasti di Jean Dubuffet o all’incombenza delle Teste d’ostaggi di Jean Fautrier.
Lea Mattarella, in una nota critica riguardante questa particolare opera di Aquila, afferma: “Ecco apparire L’Antisublime, animale mitico che pare scolpito nella pietra e del quale riusciamo, soltanto con lo sguardo, a valutare il peso. […] Questo toro massiccio, grondante di luce, colpisce per la fisicità intimidente che tuttavia non esclude e addirittura nutre la sua ideale forza spirituale. Ed è come se l’artista, alla fine, fosse riuscito a ricomporre le scissioni, a mettere insieme ciò che appariva lacerato, ritrovando, all’interno di una sorta di teatro della psiche, quella parte di sé che in qualche modo appartiene al mondo” (cfr. L. Mattarella, Sergio Aquila, in L’Incisione nelle Istituzioni Artistiche Italiane. Palermo-Roma, Monsummano Terme 1998).
S.B.
Le figure possenti e maestose di Sergio Aquila affiorano, in tutta la loro solennità, da un privatissimo luogo della memoria personale riversandosi, con prepotenza, sulla superficie della lastra e poi del foglio. Come afferma lo stesso artista: “Entrare in se stessi è come entrare – al buio – in una soffitta: una di quelle nelle quali per anni sono stati depositati e dimenticati oggetti, cimeli. Bisogna dapprima abituarsi all’oscurità e conquistandola, passo dopo passo, imparare a conoscerla e ad orientarsi e – rimuovendo strato per strato gli oggetti, dal più superficiale verso il più nascosto – rivivere, riconquistare le storie ed i ricordi, esorcizzandoli. […] Vengono vomitati simboli, segni, ricordi, traumi, venuti fuori dalla soffitta del mio subconsciente […]” (cfr. S. Aquila, in Aspetti della ricerca artistica giovanile a Palermo e Venezia, Venezia-Palermo 1987, p. 22).
Da questo contesto nasce un’opera come Il Sublime, quale surreale e visionario simbolo dell’enigma femminile. Avvolta in uno spazio cupo, si impone la sagoma di una figura grottesca e deforme, scavata da una linea sottile che ne evidenzia solo il volto e gli arti superiori ed inferiori; il corpo della donna perde ogni connotazione fisica diventando una sorta di contenitore vuoto nel quale, si dispongono elementi embrionali e segni grafici.
S.B.