Nasce a Firenze dove vive e lavora. Nei primi anni Sessanta intraprende l’attività artistica avvicinandosi ad un tipo di pittura di stampo realista-espressionista che, poi abbandona in favore di sperimentazioni d’ispirazione “pop” abbinate all’uso di materiali poveri e di recupero. Dal 1964 è tra i fondatori, insieme al marito Natale Filannino, a Vinicio Berti, Liberia Pini, Bruno Pecchioli, Giampiero Avanzini e Antonio Zanesi, del collettivo Segno Rosso, un centro di ricerca sull’arte visiva contemporanea. L’esperienza del gruppo, costituisce per la Benelli il fulcro di un tipo di sperimentazione, a lei congeniale, impostata su scambi reciproci e spesso anche su lavori in comune. L’attività del Circolo Segno Rosso rappresenta dunque, un momento fondamentale per la contestualizzazione dell’artista nell’ambito di un particolare periodo caratterizzato da profondi stravolgimenti culturali che culminarono nel ’68. Sul piano del linguaggio artistico, il lavoro del gruppo che, non è mai disgiunto dai problemi sociali del momento, viene impostato su soluzioni grafiche semplici e dirette ma nel rifiuto della tradizionale mercificazione dell’arte, in favore di un pubblico di “non addetti ai lavori”.
Nel 1970 il Segno Rosso cede il passo allo Studio d’Arte Il Moro che vede ancora una volta la Benelli tra i soci fondatori; nell’ambito della nuova esperienza di gruppo, l’artista, partecipa attivamente alla ricerca neocostruttivista stimolata dalle idee di Vinicio Berti sull’Astrattismo Classico e sul Costruttivismo Russo.
Nel 1972 aderisce al Manifesto Nascita di una morfologia costruttiva, al quale segue, nel 1973, la Mostra alla Strozzina a Palazzo Strozzi, in cui espone i propri lavori. In questi anni l’attività dell’artista è legata a tutte le esposizioni dello Studio d’Arte Il Moro: nel 1972 partecipa alla Mostra delle venti serigrafie raccolte nelle cartelle Nascita di una morfologia costruttiva, nello stesso anno è presente alla Internationale Kunstmesse Art 3’72 di Basilea e alla rassegna Verifica, curata da Ugo Barlozzetti, dove i componenti del gruppo presentano le loro opere, frutto di un anno di lavoro in comune.
Dalla metà degli anni Settanta, la Benelli si occupa anche del coordinamento e della gestione dello Studio d’Arte Il Moro continuando a partecipare a tutte le manifestazioni promosse dal collettivo, citiamo: Firenze Estate ’76. Indagine analitica di una operazione visiva, una manifestazione promossa dal Comitato per il decentramento culturale del Comune di Firenze in collaborazione con le Associazioni culturali popolari; la Mostra al Centro autogestito Il Brandale di Savona del 1978, dove espone insieme a Mauro Bini; segue, nel 1980 la Prima Rassegna Gruppi Autogestiti in Italia.
Nel 1988 lo Studio d’Arte Il Moro interrompe la propria attività pur proseguendo un assiduo programma culturale fatto di incontri ed esposizioni anche a livello internazionale fino al 1993, data della definitiva chiusura. Nadia Benelli fa parte, tuttoggi, del comitato di redazione tecnico operativo e scientifico del bollettino trimestrale di informazione dell’Archivio Firenze/Ricerca - Arti Visive. Documenti ed esperienze dal dopoguerra ad oggi, che costituisce una delle più attendibili e complete documentazioni dell’ambiente culturale fiorentino.
L’opera, è riferibile al 1974 e rappresenta un’attendibile prova artistica della fondamentale esperienza condivisa da Nadia Benelli all’interno dello Studio d’Arte Il Moro che, dal 1971, si costituisce come Collettivo Autogestito. Il programma del gruppo si definisce pienamente nel Manifesto Nascita di una morfologia costruttiva (Firenze, 1972) un documento che ha accompagnato l’acceso dibattito culturale degli anni Settanta. Nell’ambito di una ricerca astratta che trae le proprie origini dal Costruttivismo Russo e dalle esperienze nostrane di Forma e del Gruppo Uno, la Benelli segue una ricerca struttural-costruttiva, volta a recuperare la forma primigenia dell’oggetto rappresentato. Per l’artista, come per tutti i suoi compagni, è stato fondamentale l’insegnamento di Vinicio Berti, protagonista dell’evoluzione astrattista fiorentina nonché, grande fomentatore di polemiche di carattere politico, “[…] anche in seno al PCI il quale, come tutti sappiamo, non apprezzava l’arte astratta ma preferiva il neorealismo del compagno Guttuso […]” (cfr. E. Miccini, Pro/Memoria, in Testi Critici, a cura de Il Moro Archivio Arti Visive, Firenze 2000, p. 10). La base politica, esplicitamente di sinistra, costituisce un altro elemento che caratterizza l’ideologia portante del gruppo, che dichiara di voler recuperare una funzione politica e sociale, ma anche linguistica dell’arte. Dunque, il lavoro della Benelli si definisce nel contesto di un programma ideologico particolarmente attivo che vede nell’arte uno strumento di liberazione: “[…] nella Morfologia essi vedevano la destrutturazione degli archetipi, la ricerca di una misura ideologica, in ultimo la possibilità di conquistare una nuova misura del mondo” (cfr. F. Napoli, Nascita di una Morfologia costruttiva-Firenze 1972 - Storia e presenze, in Testi Critici, cit., p. 12).
Nelle opere degli anni Settanta l’artista concentra la sua ricerca su referenti oggettivi quali i fasci di linee e il rigore cromatico basato sulla bicromia del bianco-nero; la stesura piatta ed uniforme delle campiture viene interrotta da una dissoluzione dei piani, che generano un dislivello della superficie. Tra i componenti del Gruppo la Benelli è l’unica che si avvale delle introflessioni della tavola per accentuare un dinamismo interno e multiplo, mettendo in crisi il tradizionale supporto. Queste soluzioni hanno evidenti tangenze compositive con esperienze artistiche a lei coeve che si stanno sviluppando in aree geografiche diverse, per esempio nell’ambiente artistico milanese, con personaggi quali Agostino Bonalumi e Enrico Castellani.
S.B.