Mauro Bini si è diplomato in Pittura Murale e Affresco presso l’Istituto d’Arte di Firenze e in Scenografia Teatrale all’Accademia di Belle Arti della stessa città. Fino al 1982 insegna pittura e disegno in varie scuole e istituti, dal 1953 fonda e dirige la Scuola del Mosaico, presso l’Opificio delle Pietre Dure, inoltre, viene incaricato per l’insegnamento del Mosaico Bizantino alla scuola americana Institute of Fine Arts Pius XI di Firenze.
Attivo fin dal 1950, inizia con prove pittoriche di impronta neorealista e poi neoespressionista aderendo al gruppo fiorentino di Nuova Corrente, tra il 1960 e il 1962.
Dal 1965, l’artista, inizia una nuova esperienza di gruppo, partecipando al collettivo di Segno Rosso, con G. Avanzini, N. Benelli, V. Berti, N. Filannino, A. Galligani, F. Mosell, B. Pecchioli, L. Pini, F. Rosselli. In questo periodo, stimolato dalle continue verifiche e scambi del gruppo, Bini opera nel suo lavoro, un profondo cambiamento, che lo vede impegnato in una serie di ricerche dove forma e contenuto ripropongono, attraverso la nuova figurazione, il dilemma uomo-macchina.
Nel 1971 è coofondatore, con i compagni di Segno Rosso, dello Studio d’Arte Il Moro, al quale collabora fino agli anni Novanta, con numerose mostre, partecipando a tutte le manifestazioni promesse dal gruppo, citiamo: Internationale Kunstmesse Art 3’72, Basilea 1972; Verifica, Studio Il Moro, Firenze, 1972; Nascita di una nuova morfologia costruttiva, Palazzo Strozzi, Firenze, 1972; Azione 2, Piazzale di Novoli, Firenze, 1976; Analisi di una situazione, Studio Il Moro, Firenze, 1977; Gruppo Il Moro di Firenze, Galleria Verifica 8+1, Venezia, Mestre, 1982; Una situazione fiorentina, Centro Magazine, Prato, 1987, ecc.
Dal 1982 lascia definitivamente l’insegnamento per dedicarsi al mosaico fiorentino, alle tecniche musive, decorative e alla pittura, che già negli anni delle esperienze dei collettivi, matura verso una ricerca geometrico-costruttiva, accompagnandolo, con sviluppi ed esiti diversi, fino ai nostri giorni.
Ha allestito numerose mostre personali, ricordiamo tra le ultime, quella del maggio 1990, negli spazi espositivi del rinnovato centro Il Moro, dove ha realizzato un’antologia delle sue opere degli anni Sessanta, alla quale si sono avvicendate altre due mostre, negli stessi locali de Il Moro, sulle opere degli anni Settanta e Ottanta (aprile 1990). Attualmente è responsabile dell’Archivio dello Studio d’Arte Il Moro, oltre a far parte del comitato redazionale del bollettino trimestrale Firenze/Ricerca - Arti Visive. Documenti ed esperienze dal dopoguerra ad oggi.
Ha partecipato a numerosi premi di pittura, citiamo: Premio del Fiorino, negli anni 1956 e 1961; Premio del Ritratto, Firenze, 1954 e 1957, Premio di Pittura dedicata alla donna, Casa della Cultura Livorno, 1965 e 1966. Una sua opera è di proprietà della Galleria d’Arte Moderna di Firenze ed alcune incisioni, sono all’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Pisa.
Negli anni Settanta, l’opera di Mauro Bini, si sviluppa verso una decisiva ricerca di strutture primarie, dove, l’abbandono della figurazione è chiaramente palesato attraverso forme pure, costruite sulla ripetizione di triangoli, rombi e poligoni.
L’opera in questione, è un esempio di successione modulare, tipica delle sperimentazioni degli anni 1973-74; in questa fase, l’artista, unisce alla conquista della terza dimensione, una spazio dilatato dalla ripetizione costante di un’unica forma poligonale, in questo caso un esagono, che diventa il modulo essenziale dal quale si definisce una composizione ripetibile all’infinito. L’opera segue un processo costruttivo basato sulla costante ripetitività di una sola figura geometrica tridimensionale analizzata da diversi punti di vista; anche il colore ha un ruolo fondamentale perché segue il concetto di “ripetizione” adottato per il modulo: da un unico fondo nero si aprono dodici fori esagonali monocromi ed equidistanti, disposti su tre file, i quali, si distinguono l’uno dall’altro solo per la diversa visione prospettica definita da una serie di tonalità cromatiche, che vanno dal bianco sporco fino al grigio, usate per accentuarne più o meno la profondità.
C’è, nell’artista, un bisogno di “ordinare il mondo” attraverso un processo costruttivo-matematico, come afferma Eugenio Miccini, parlando dei lavori di Bini: “[…] Tutto ora è rientrato nel grembo del codice logico-matematico e, quindi, in quella trama di lessìe gestaltiche che gli si accompagnano […]” (cfr. E. Miccini, Estetica critica semiotica, in Mauro Bini. Un percorso artistico, opere dal 1969 al 1989, Firenze 1991). L’opera di Bini richiede anche una partecipazione attiva dello spettatore il quale, viene coinvolto nel processo costruttivo e creativo di questo particolare gioco matematico; così, per esempio, scrutando più attentamente l’opera Costruzione Modulare Interno-Esterno, del 1973, l’osservatore scopre nell’apparente “monotonia” delle forme, un movimento interno dato dai diversi punti di vista, che mutano impercettibilmente in ogni esagono, restituendoci una sequenza di immagini in continua trasformazione.
S.B.