Paolo Fabiani si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1985 in pittura e scultura. Inizia la sua attività artistica con quadri raffiguranti alberi e cieli, che egli dipingeva soffiando direttamente sul colore tramite una cannula, il respiro dell’artista modellava e dava origine alla forma futura. L’idea di usare il soffio nasce in Fabiani nella ricerca della cultura dei miti ed è un valore archetipo ricco di senso e simbolicità. Così come per gli stoici, e ancora prima per Aristotele, ritenevano che un soffio fosse l’universo, la natura, Dio e l’anima, Fabiani, seguendo studi cosmologici e meteorologici, ritiene che il soffio sia innato in coloro che sono muniti di un cuore poiché in esso si diffonde e comunica la vita, e regola quindi quindi le leggi universali. Nel 1998 inizia la sua carriera artistica esponendo alla galleria N.29 di Ginevra. Nel 1991 e nel 1992 partecipa al XXXIII° e XXXIV° Festival dei Due Mondi di Spoleto, e nello stesso anno vienee invitato da Achille Bonito Oliva a esporre in Sicilia per le Orestiadi di Gibellina Sue opere erano presenti nel 1996 alla XII Quadriennale di Roma, tra le Ultime generazioni. Al National Museum of Contemprary Art di Seul (Corea) Fabiani rappresenta i giovani artisti italiani esponendo con Manzù, Marini, Fontana, Burri. Nel 1999 insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Verso la fine del secolo la ricerca di Fabiani si indirizzata verso la tridimensionalità e così nascono le prime sculture che vedono, inizialmente come soggetti preferenziali figure femminili, poi il ciclo di opere ispirate alla Commedia dell’Arte. In Nella mia macchina c’è musica, del 1999, si sintetizza un diverso percorso in cui la scultura si decontestualizza dal suo assoluto mostrarsi e si inserisce in ‘contenitori’ nuovi, contesti diversi, attraverso una spiccata ironia, come ad esempio una vecchia automobile. Realizza nel 2000 due importanti eventi a Siena: un’istallazione al Museo Civico nel Palazzo Pubblico e un’esposizione al Centro d’Arte Contemporanea Palazzo delle Papesse
Il suo lavoro per Uscita Pistoia, ripropone la visione dell’arte anche come sguardo ludico, gioco delle forme e dei significati. Da qui una ‘zattera’ in Lego, idea di creazione e gioco continuo, che sembra naufragare, stretta in una dimensione senza uscita che è poi quella del nostro quotidiano, di consapevolezze, certezze che possono essere limitanti ed inibitorie per la nostra creatività. Paolo Fabiani, assieme a Rossella ha creato nel 2010 a Pratovecchio (AR), in un edificio di archeologia industriale, un laboratorio di arte contemporanea denominato Hymmo Art Lab dove insieme a colleghi e giovani artisti sperimenta nuove forme d’arte.
Place Portable è un ‘opera che ha una tiratura limitata e numerata a 25 copie la curatrice della mostra Misure del tempo, Giovanna Uzzani, scrive “Quando penso a Paolo mi viene in mente il gioco che si fa da bambini piccoli al mare, riempiendo e svuotando un secchiello in su e in giù per la battigia: come dire io, adesso, incido un po’ in questa immensità. Così il lavoro di Paolo, con i suoi toni lucidi e gli altri tragici; con quel caratteristico idioma, raffinato e plebeo, elegante e ruvido, fastoso e infantile, tenero e comico allo stesso tempo, in una torrenzialità emotiva che crea ingorghi espressivi in una condizione di accentuata concretezza. Riconosco il suo percorso in serrata linearità, per il pathos narrativo, guizzante, saporito, per quel giocare con una teatralità animata da improbabili personaggi, fatiscenti impalcature, bizzarie opulenti, a volte invece minimali, in bilico tra il trash metropolitano più spericolato e il ricorso all’illusione colta.” . La Uzzani continua parlando proprio di uno dei temi ai quali appartiene l’opera donata al Mac,n “ … poi la serie di Place, realizzata per Pitti Uomo 2005, con una struttura modulare immaginata come pavimentazione, composta da parallelepipedi gialli divisi da bordi neri: una specie di play ground, bizzarra sintesi di gioco e funzionalità, su cui appaiono emanazioni scultoree, bolle in argilla che escono inquietanti dal ventre stesso dell’opera. Sulla base è inserita una gamma di accessori, sedute, fontane, sgabelli, tavoli, affinchè ciascuno possa creare il proprio paesaggio o piazza, magari in territori devastati, privati della propria identità. Un monumento all’interdizione della compiutezza”.