Si può dire che la vicenda artistica di Aldo Frosini inizi negli anni dell’infanzia, quando ancora ragazzino aiutava saltuariamente il cugino della madre, Enea Flori “decoratore di una certa bravura”. Sempre molto giovane frequenta i corsi serali della Scuola d’Arte pistoiese di Fabio Casanova, mentre di giorno si guadagna da vivere facendo il barbiere.
Nel 1941 si iscrive all’Istituto d’Arte di Firenze (sarà allievo di Giuseppe Lunardi, Alberto Caligiani, Carlo Guerrini), insieme ad altri due amici pistoiesi: il pittore Marcello Lucarelli e lo scultore Jorio Vivarelli. La vita fiorentina è densa di stimoli e nuove conoscenze, la scoperta degli Uffizi, Giotto, Masaccio.
La guerra interrompe gli studi ed è chiamato alle armi. Consegue il diploma di Maestro d’Arte nel 1946.
Dal 1947 al 1950 è impegnato in un’attività artigiana di costruzione di giocattoli in legno e articoli casalinghi, ma l’immissione di lì a poco della grande produzione in plastica lo costringe a ritirarsi. Resta però l’esperienza importante all’interno di tecniche artigianali che sempre segnerà il percorso dell’artista.
Agli inizi degli anni Cinquanta, entra nella cerchia dei pittori che gravitano intorno a Pietro Bugiani, Umberto Mariotti, Renzo Agostini, Alfiero Cappellini e ottiene l’incarico di assistente alla Cattedra di Disegno presso il Liceo Scientifico di Pistoia.
Nel 1954 inizia l’attività di restauratore, prima allievo di Giuseppe Rosi, poi autonomamente insieme a Mirando Jacomelli, con cui nel 1957, terrà a Viareggio alla Bottega dei Vàgeri, la prima personale.
L’inizio pittorico di Frosini è caratterizzato da una tavolozza molto colorata, pennellate febbrili intente a fissare sulla tela la macchia di colore. Un’ascendenza alle tinte fauve e comunque all’influenza dei francesi, una pittura di interni, con vasi di fiori, panneggi e fondi decorati (Due donne, 1950), dove ben presto scompare ogni residuo di un’immagine oggettiva per far posto ad una esigenza di equilibri fra toni cromatici e forme (Composizione allo specchio I, 1964).
Negli anni Sessanta si ha una semplificazione progressiva della figurazione, le tonalità dei bianchi e dei grigi prendono il sopravvento avvicinandosi ad una pittura più evocativa, più interiore, che lascia parlare la memoria (Finestra con panno bianco, 1965; Cartoccio, 1966). Importante in questi anni l’amicizia con il pittore astrattista pistoiese Nando Melani.
Nel 1973 in un viaggio a Parigi, entra in contatto con le nuove tendenze della pop art. Questa esperienza è significativa per il suo operare artistico, perché sollecita in lui una frequentazione, più volte timidamente tentata, nella direzione dell’astratto. Una fuga dal vero iniziata proprio in quei primi anni Settanta con la serie delle “reti” (Rete I, 1973), dove il pittore imbriglia l’uomo, ridotto a semplice pretesto figurale, dietro muri di segni incrociati, poi le “impalcature’ che continuano il ricordo di quelle usate per restaurare dipinti (Impalcatura e monofora, 1980), attraverso una severità compositiva propria di chi da sempre ha interiorizzato l’arte degli antichi maestri. Questo senso del linguaggio pittorico, fondato su una memoria storica, si manifesta maggiormente nelle “tele romaniche” della seconda metà degli anni Ottanta.
Ultimi lavori sono “le città”, dove l’artista dissolve l’immagine in un ultimo mosaico di chiara memoria romanica, ma ormai esaurita in una nuova sintassi, grattacieli innalzati da rigide geometrie, scandite dalla sovrapposizione cromatica di tarsie quadrate e di forma allungata, strisce, disegnate per un altro racconto pittorico.
Le opere di Aldo Frosini si trovano in collezioni pubbliche e private.
Alla fine degli anni Cinquanta, Frosini frequenta la Scuola libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Il soggetto ricorre spesso nel decennio ’70-’80 generalmente realizzato a tempera, inserito in ambienti d’interni, dove i colori assumono accese cromie.
Questo nudo è invece un’incisione eseguita nel 1987. Il disegno eseguito con un tratto veloce, sommariamente definito ma egualmente efficace, ha come soggetto una figura femminile riflessa di spalle ad uno specchio. Le ombre, rese con un segno “graffiato”, utilizzate solo per evidenziare alcune parti del corpo, accentuano il carattere costruttivo della linea di contorno.
Le composizioni allo specchio avevano interessato l’artista già alla metà degli anni Sessanta: una metà del quadro riflette gli oggetti della stanza, riprendendo temi cari agli antichi maestri della pittura olandese, creando così un vero e proprio effetto di quadro nel quadro. Lo specchio diviene così anche per Frosini emblema dello sguardo del pittore, l’altra faccia che ricompone l’unità del soggetto. S.T.
Aldo Frosini ha lavorato per molti anni come restauratore, a contatto diretto con l’immortalità dell’opera d’arte antica e la consunzione del tempo. Un rapporto stretto con atmosfere perdute, la conoscenza di una molteplicità di linguaggi succeduti nella storia. La pittura di Frosini attinge anche da qui, l’acquisizione di un esercizio di estremo rigore che parte da un’indagine compiuta sui modelli aulici, ma anche il recupero di emozioni e suggestioni dell’antico.
Il dipinto datato 1987, è caratteristico di tutta una produzione propria di questi anni. L’artista si sofferma su un “pezzo” di facciata romanica scandendo con una cromia di toni raffinatissimi i tre ordini su cui si succedono la sequenze di semicolonne, lesene, archi, rombi, strisce intercalate da bianchi e grigi-azzurri. Un frammento di vero, di materia architettonica ripresa dalla Chiesa pistoiese di San Giovanni Fuorcivitas, ma trattata come qualcosa di ineffabile, un’astrazione desunta da una realtà fortemente caratterizzante la città.
La natura delle riscritture romaniche di Aldo Frosini coglie la sua ripartizione ritmico-spaziale, si illumina di una luce diafana, si costruisce nel gioco degli incastri colorati, nel recupero di una eleganza bizantina. Paolo Fabrizio Iacuzzi parla di una pittura polifonica, di una realtà musicale fatta quasi di pentagrammi e di note, intessendo quindi un rapporto fra il pittore pistoiese e Paul Klee. (P.F. Iacuzzi, L’immagine riscritta della memoria e la risonanza del desiderio, in AA.VV., Aldo Frosini (catalogo della mostra), Pistoia, Editore Comune Pistoia, 1989, p. 37).
Un passato interiorizzato, che suggerisce nuovi grafemi, indagato per reinterpretare il presente; un dialogo quotidiano intrapreso con lo spazio esistenziale e architettonico della città: quello delle finestre, delle impalcature dei palazzi, quello ritagliato dalla policromia delle chiese, in particolare con S. Pier Maggiore, situata proprio davanti al suo studio, la cui facciata romanica impone prepotentemente e significativamente una silenziosa presenza. S.T.
Una fabbrica appoggiata a delle case popolari con elementi decorativi che ricordano le facciate delle chiese romaniche pistoiesi, pali della luce che corrono lungo anonimi palazzoni, mattoni e calcinacci caduti nella zona d’ombra che fiancheggia l’ultima costruzione, una diagonale che in maniera precisa e razionale definisce la luce e il buio: Frosini realizza questo foglio con una grande ricchezza e ricercatezza di fondamenti sia nella scelta degli elementi che compongono l’immagine che nell’equilibrato utilizzo dei segni grafici. Graffi, linee spezzate, pulviscolo, velature, costruiscono forme consolidate nella mente, che l’artista decide di reinventare, riutilizzando un tema preesistente che viene rinnovato attraverso l’uso di tecniche differenti. Verso la metà degli anni ottanta Frosini intraprende un viaggio in Russia e lì riscopre l’arte bizantina orientale presente nel romanico pistoiese: troviamo quindi nelle pitture come Città, come Impalcature o come Tele Romaniche le stesse immagini presenti nell’acquaforte sul lavoro, ma da analoghe immagini giungono all’osservatore diversi messaggi. Fluidità, immediatezza e trasparenza, una sorgente luminosa che deriva dal candore della carta, tanti segni che procurano incontri di bagliori e tenebre fusi in un perfetto equilibrio di chiaroscuri, questa è l’arte di Frosini: spontanea, coerente e intellettuale. Il curatore della cartella con le 11 incisioni dedicata a 50 anni del lavoro e commissionate dall’Associazione degli Industriali della Provincia di Pistoia Umberto Castelli scrive “Aldo Frosini che costruisce volumi e simboli classici con metodi figurativi. … La pittura del Frosini vuole essere un’elaborazione astratta dei motivi decorativi del Romanico pistoiese al quale ci avvicinano simbolicamente i ponteggi rappresentati nei dipinti. Frosini riesce ad intravedere i riflessi di luce e di ombre con le relative impressioni cromatiche che ne derivano”.