Dal 1964 si trasferisce a Palermo dove inizialmente, frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti, in seguito, completa ed affina le proprie ricerche negli studi di Santino Di Bianca, per la scultura e Giuseppe Gambino, per la grafica incisoria. Dal 1976 al 1984 si trasferisce nelle Marche dove, all’attività artistica alterna la passione per il design industriale, realizzando prestigiose linee di prodotti per la ditta Nazzareno Gabrielli presso la quale, raggiunge il massimo livello di carriera. Dal 1985 ad oggi insegna Tecniche dell’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Palermo.
Dell’opera di Galfano hanno scritto: Franco Grasso, Virzì Bonifazi, Paolo Grandinetti, Giovanni Bonanno, Maria Antonietta Spadaro, Giuseppe Gambino, Ugo Attardi, Francesco Carbone e Angelo Calabrese.
Ha partecipato a numerose manifestazioni artistiche, tra le quali citiamo: Collettiva di giovani artisti al festival dell’unità, Palermo, 1975; Rassegna Nazionale del sacro nell’Arte, Palazzo Arcivescovile, Palermo, 1975; Personale alla Galleria del Corso, Macerata, 1979; Personale alla Galleria Flaccovio, Palermo, 1981; Personale alla Galleria Apsa 8, Roma, 1984; Collettiva: Liberi dalla mafia, Biblioteca Comunale, Partinico, Galleria La Persiana, Palermo, 1985; Collettiva: Fiori chiari, Palermo, 1989; Personale all’Ente Mostra Città di Marsala, Marsala, 1992; Collettiva: XVII Biennale d’Arte Sacra Torre del Greco, Napoli, 1993; Collettiva Internazionale: Palermo Paperworks prints from the Accademia di Belle Arti di Palermo, incisioni, Corcoran Gallery of Art, Istituto Italiano di Cultura Washington (USA), 1997; Collettiva: L’incisione nelle Istituzioni Artistiche Italiane, Palermo-Roma, 1998; L’Incisione nelle Istituzioni Artistiche Italiane. Palermo-Roma, Villa Renatico Martini, Monsummano Terme (Pistoia), 1998; Collettiva: Norimberga incontra Palermo, Accademia di Belle Arti di Palermo, Accademia di Belle Arti di Norimberga, 1999; Collettiva: Premio Efebo, rassegna d’arte contemporanea Città di Castelvetrano, Selinunte, Trapani, 2000; Collettiva: Biennale dell’incisione contemporanea Italia Slovenia 2000, Comune di Merano, Venezia, 2000; Triennale dell’incisione, Milano 2004.
Tra la documentazione riguardante l’artista, c’è una dichiarazione di Angelo Calabrese, dalla quale citiamo: “Il lettore attento avverte subito il dilemma di questo grafico, pittore, scultore, esperto anche del design proposto alla società dei consumi: l’irrequietudine pensosa avverte lo scontro tra l’insorgere dei valori e l’effimero che incalza e allora, sempre restando alla soglia del concetto, va oltre le forme epifaniche o si inventa emblemi plastici, spazio-temporale, la cui epidermide si popola di un immaginario che allude alla memoria artistica e intanto denuncia il presente e la sua tragedia” (cfr. A. Calabrese, Vito Galfano, in L’Incisione nelle Istituzioni Artistiche Italiane. Palermo-Roma, Monsummano Terme 1998, p. 68). In Allegoria del paesaggio, del 1992, Vito Galfano definisce, attraverso un segno fremente, un microcosmo surreale popolato da forme fitomorfe; il linguaggio dell’artista opera come azione simbolica, generando un paesaggio brulicante e vitale che, abbandonato ogni riferimento realistico, si affida completamente ad una grafica d’impatto. “Per Vito Galfano la tecnica incisoria non ha misteri; il suo procedere rapido non conosce incertezze; in Galfano la freschezza del mezzo; bulino, puntasecca o altro nell’utilizzo classico o sperimentale, evidente nelle più recenti realizzazioni, si anima guidato da una fantasia feconda, non priva di una oniricità che conferisce ai suoi lavori un’atmosfera surreale; stupefatta visione di una realtà rifiutata quale emozione di una follia universale” (cfr. C. Alessandri, Vito Galfano, in Sottopressione - Incisioni, Palermo 1997). S.B.
L’opera di Vito Galfano, nasce dalla costante elaborazione del segno, quale interprete dello stato d’animo dell’artista. Come afferma Angelo Calabrese: “[…] l’opera si distingue anche per la giusta dose del sentimento che permea arditi equilibri, rivela la costante tensione di un temperamento inquieto che interroga, si autointerroga e sferza incessantemente il pensiero” (cfr. A. Calabrese, Vito Galfano, in L’Incisione nelle Istituzioni Artistiche Italiane. Palermo-Roma, Monsummano Terme 1998, p. 68).
In Meccanismi perversi, del 1994, Galfano concentra il vitalismo di una forma antropomorfa, sulla torsione e l’intreccio di un segno predominante; in questi “voli di fantasia”, come afferma Calabrese riferendosi alle sue opere, l’unico elemento che ha una certa attinenza con il reale, sembra essere un “occhio”: situato al centro della composizione, ci appare come la sola figura ancora riconoscibile e, in quanto tale, riesce a catturare e convogliare su di sé l’attenzione dello spettatore. S.B.