Pittore e incisore, consegue la maturità artistica nel 1954, poi frequenta l’Accademia di Belle Arti di Venezia avendo come insegnanti Cesco Magnolato per l’Incisione, Guido Cadorin e Giuseppe Galletti per la pittura. Si diploma nel 1958; nello stesso anno diventa assistente alla Cattedra d’Incisione, di cui è titolare dal 1972. Ma la sua vicenda artistica inizia prima, quando ancora studente partecipa a tutte le Biennali d’Incisione organizzate dall’Associazione Incisori Veneti per il Comune di Venezia. L’artista in seguito farà parte della segreteria di questa associazione.
Attento osservatore dei fenomeni sociali, ne coglie gli squilibri e con ironia ne mette in mostra gli aspetti più sconvolgenti. Un’arte, quindi intesa come messaggio, un linguaggio concettuale pur nell’estrema semplicità espressiva, trasmesso mediante l’acquisizione di una assoluta padronanza tecnica. Giorgio Trentin curando la scheda dell’artista nel volume Catalogo artisti del Veneto, sottolinea “un espressionismo certo carico di echi di precedenti ricerche, da Goya ai tedeschi, ad Ensor” (AA.VV., Catalogo artisti del Veneto, Milano, Arti Grafiche Ve-Ma, 1974). Luigi Fraccalini invece cita in L’arte per la scuola, Bosch, i Tiepolo, Goya, ma soprattutto si sofferma sui Remondini stampatori di Bassano, che con le loro stampe popolari resero immediato il linguaggio, alimentando forme di cultura popolare, insegnamento questo sempre presente nell’arte di Guadagnino. (L. Fraccalini, L’arte per la scuola (catalogo della mostra), Comune di Bozzolo (Mantova), 1986).
I temi inseguiti dall’artista sono tanti, ma comunemente portati ad indagare e a penetrare la tragica realtà di un mondo in sfacelo, nella consapevole e commossa adesione ai valori della Resistenza (Omaggio a Goya, 1967; La morte cavalca il fascio, 1976-1978; Il vero gioco dell’Ockeed, 1979).
Anche negli sviluppi più recenti della sua attività, rimane aderente ai problemi legati alla realtà, ad una esperienza vissuta.
Nel 1996 vince la XIII Edizione Premio Internazionale Biella per l’Incisione con La torre brucia. Dal 1999 è membro del comitato scientifico del Premio Internazionale Biennale d’Incisione città di Monsummano Terme (PT).
Le opere di Mario Guadagnino si trovano in collezioni pubbliche e private italiane e straniere.
Il titolo ha in sé il termine “capriccio’, un richiamo quindi ad un ricco repertorio presente già nel 1600, affermatosi come autonomia poetica dell’artista, espressione di fantasia, invenzione, legata spesso ad un realismo grottesco. Fa pensare a Goya, artista cui spesso Guadagnino guarda e non solo per le sue doti d’incisore, ma per la carica aggressiva della sua arte ispirata ai problemi sociali del tempo. Nell’opera è rappresentata una torre, elemento architettonico presente già in altre opere dell’autore (La torre di Babele, 1990; La piovra e la torre, 1993; La torre brucia, 1995), un cono con il vertice in alto, ricordo di certe raffigurazioni del purgatorio dantesco, intorno figure fantastiche, allegoriche, dove l’artista trova materia d’invenzione e il segno s’infittisce o si fa più rado per far posto a lampi improvvisi di luce. Teschi, pesci con le gambe, uccelli, navi volanti, divagazioni letterarie, riferimenti colti (il gioco fantastico e crudele di Jeronimus Bosch, per esempio) trattati con una grafia tormentata e un’accentuazione del chiaroscuro.
Sullo sfondo i fumi di alcune ciminiere acquistano un chiaro richiamo sociale.
La perversione dello sviluppo industriale di questo secolo può ora generare mostri. L’aspetto realistico presente nelle “torri” industriali riporta l’attenzione verso un’arte di denuncia, un’arte che ora canta l’apocalittica caduta della società. S.T.