La sua formazione è avvenuta all’Istituto d’Arte di Firenze, nella sezione arti grafiche, per cui dal punto di vista formale la sua ricerca rimane sempre ancorata all’idea della scultura come “arte del disegno”, e tende invece a svilupparsi soprattutto intorno alle potenzialità dei materiali: “mi interessa la liquida trasparenza del plexiglas che mi permette di coniugare senza soluzione di continuità lo spazio circostante con la fluida massa della scultura, la lucentezza del cromo le cui superfici proiettano e ribaltano, creando ambiguità e deformazioni, la luce e lo spazio, la fredda superficie satinata dell’acciaio inossidabile e le vivide e brillanti vernici industriali, e nello stesso tempo mi attrae e affascina l’organica vitalità del legno, la calda tonalità del bronzo e le infinite varietà cromatiche della pietra e del marmo”.
I primi sviluppi della ricerca di Marcello Guasti si muovono così partendo da un linguaggio figurativo, ancorato alle esigenze espressive di una nuova realtà, che paga inevitabilmente il suo tributo alle formule dell’espressionismo che caratterizza, nell’immediato dopoguerra, la pittura di impegno sociale, per poi avviarsi rapidamente verso soluzioni più “metafisiche” e surreali risolte nell’isolamento fisico ma soprattutto formale dell’oggetto.
Nella sua lunga carriera lo scultore ha allestito mostre personali in moltissime città italiane ed ha partecipato alle principali rassegne nazionali, e in particolare alle Biennali di Venezia del 1948 e del 1946, alle Quadriennali di Roma del 1961 e 1965, a numerose edizioni del “Fiorino” e della Biennale di Scultura di Carrara, dove è presente dal 1962 al 1973. Intensa è stata altresì la sua presenza alle più importanti esposizioni europee, a Londra e a Edimburgo, a Zurigo e a Berlino, a Vienna e a Varsavia, e negli Stati Uniti, da New York a Washington, da Philadelphia a Detroit. Ha inoltre ricevuto incarichi per la realizzazione di significativi monumenti pubblici, come quello in “Memoria dei tre carabinieri”, a Fiesole nel 1964, e “il Monumento ai Partigiani”, collocato in Piazza Dalla Costa a Firenze nel 1970.
Sospesa fra la figurazione e la composizione astratta, questa scultura di Guasti condensa una fervida fusione fra immaginazione e realtà. Mentre esalta la materia espressiva, come potenza dell’informe, lo scultore indaga nelle misteriose profondità dell’animo umano, e ancora una volta rinuncia a violentare le forme, per indirizzarsi alla riscoperta di un mondo interiore, suggestivo di una verità formale, che rifiuta di fermarsi all’apparenza delle cose.
Guasti ama infatti la materia, la lavora, la tratta con mano fatta sempre più esperta, la scopre nel suo nitore, nei momenti conclusi della bellezza. Qualche volta può dare l’impressione di arrivarci quasi automaticamente, per un processo interno di stratificazione e di evoluzione, ma ogni risultato andrà piuttosto messo nel conto di un continuo affinamento dell’esercizio artigianale, di un continuo rifarsi al possesso manuale della materia e degli strumenti del lavoro.
Fin dall’origine della sua ricerca artistica infatti, come ha scritto Michelangelo Masciotta, la figura umana viene sfrondata del “valore originario dei gesti: è come raffrenata, elevata a simbolo di una umanità sottratta al tempo e affidata soprattutto allo spazio”. Già le sue prime realizzazioni sono dunque “caratterizzate da una intransigenza mentale che portava Guasti a fermarsi su forme precise, quelle che egli chiama “arcaiche’, e che è bene collocare nell’ambito culturale egizio”.
Una svolta precisa nel suo lavoro è segnata con il passaggio dalla serie dei “Gatti” alle sculture di carattere decisamente informale, che rappresentano una rottura totale con il mondo figurativo e si collocano nell’ambito di un espressionismo plastico di ascendenza purista. È il preludio ai successivi sviluppi di una latente attrazione verso le forme astratte, che si annunciano nella tendenza ad una stilizzazione di suggestivi richiami arcaici, oltre che a quella intransigente purezza dei volumi che anticipa le forme rigorosamente geometriche della produzione successiva.
Dalle strutture informali in poi si opera infatti nella scultura di Guasti un lungo processo di affinamento verso l’essenza spirituale della forma, dal vuoto dei Concavi e dei Vortici alle strutture degli Equilibri e dei Ritmi, in un percorso che tende a raccontare l’origine delle cose, cancellando progressivamente ogni traccia della loro funzione iconica. In questo percorso, le sfere metalliche, rotte e popolate all’interno da altre immagini, sono il raggiungimento di un’aspirazione antica, quella dell’artista a penetrare la materia e ad indagarne i segreti, ma anche un punto di partenza per altre soluzioni plastiche, che sappiano sfruttare questi segreti e dare vitalità all’energia sopita della materia.
Un percorso che, come ha scritto Dino Pasquali, porta l’artista a contrapporre sapientemente “il lucido all’opaco, il legno all’alluminio e al bronzo, il metallo al cemento, il marmo al plexiglas e, non rifuggendo perciò da timbrici effetti d’ordine ‘quasi’ pittorico, si rivela non solo manipolatore di sostanze fisiche, ma anche elaboratore concettuale superbo nel ricondurre ad una ‘cifra’ tutta sua i materiali culturali in circolazione”. Guasti ha superato da tempo la fase delle sperimentazioni; il suo linguaggio è ormai consolidato e chiaramente precisato. Nella grafica e nella scultura prevale ormai un attento studio della forma, di contro alle esigenze della materia; particolarmente nella scultura questo tipo di ricerca si fa più profondo, fino a rendersi quasi assoluto.
Le forme arcaiche dell’inizio, dopo le esplosioni della loro forma nella dinamicità drammatica, tornano ora a coagularsi in costanti e solide strutture geometriche inalterabili. In esse l’impulso dinamico agisce ormai solo nelle rifrazioni di luce, nei continui accenti di compressione e liberazione. E tutto rimane in rapporto costante con la vita esterna e le sue variazioni. Guasti scolpisce in legno, in cemento, in metallo forme o cose della realtà, ma più spesso, come nel caso di Mare montano, distaccandosi completamente da esse, in una ricerca interiore: il suo lavoro si concretizza infatti nell’affinamento delle capacità introspettive: si rivolge alla creazione di forme chiaramente evocative di stati d’animo profondamente vissuti e stimola la liberazione di sentimenti non più contenibili.
M.B.