Nell’infanzia conosce Ardengo Soffici, in occasione delle escursioni del pittore nella campagna vicino casa sua. Gli incontri con Soffici continuano anche successivamente e quando alla fine degli anni Sessanta aprirà lo studio della Casa Rossa a Seano, cominciano anche quelli con Quinto Martini: “Quinto venendo da Firenze in autobus, per raggiungere Seano, era obbligato a scendere alla Casa Rossa. Quando pioveva entrava, era diventata una consuetudine che divenne presto amicizia … Quinto Martini e Soffici, per l’attenzione che mi hanno dato, rappresentano dei punti fermi nella mia esperienza artistica”, così ricorda Meucci in una nota biografica curata da Andrea Bolognesi (M. Luzi, A. Bolognesi, Marcello Meucci 1968-99, Prato, Tipografia Thema, 1999).
L’attività artistica comincia in questi anni con una pittura tradizionale del paesaggio toscano “Dai colori stemperati (oli magri), ma non scialbi, nascono le visioni paesaggistiche di Meucci, con geometrizzate case, la cui essenza grafica e cromatica ci richiamano Rosai. Il riferimento, va detto subito, è puramente indicativo in quanto il Meucci, chiarista, ha una sua timbrica personale che si risolve in racconti lirici” (AA.VV., Gli anni ’60 e ’70 dell’arte italiana, vol. V, Piacenza, Ed. Studio d’Arte, 1974, pp. 172-173).
Tra il 1975 e il 1976 passa attraverso una travagliata vicenda pittorica che trova la sua ragione di essere nelle tristi esperienze di vita vissute dal pittore nel periodo adolescenziale, quando allontanato dagli affetti familiari si vide rinchiuso in un collegio di religiosi a Prato.
Nelle ampie tele che nelle loro tematiche si richiamano all’Inquisizione di Spagna, il ricordo personale si afferma come fonte primaria d’ispirazione prendendo, non a caso, il pretesto di tale avvenimento storico, dove i volti impassibili dei giudici ecclesiastici sembrano recuperare una parte della storia personale del pittore. In Nucleo (1975), La consegna (1976), La garrota (1974), il colore si presenta in dense campiture fortemente contornate, accentuando forme e figure e dissonanze stridenti.
Il ricordo giocherà un ruolo determinante anche nelle opere successive, che vedono l’assunzioni di modi meno aggressivi e meno strazianti, per sfociare questa volta in una pittura della memoria, nel tentativo di riprodurre non solo immagini, ma anche l’insieme di sensazioni ed emozioni che queste evocano. In questa ricerca il disegno si dissolve a favore del colore che acquista e diventa così l’elemento costruttivo del quadro a cui il pittore affida il suo sentire. Ora Meucci rielabora “particolari” di quadri già fatti, spesso paesaggi dei luoghi natali, in una rivisitazione più intimista, uno scavo attraverso la tela del suo “io”, sotto le trame di una pittura filamentosa, che non descrive ma suggerisce contenuti impalpabili. (Particolare del paesaggio, 1996; Composizione, 1997).
Queste opere dipinte a cominciare dal 1989, prendono il nome di Particolari, e sono state presentate in molte esposizioni in particolare con la Living Art Gallery’s di Milano all’Arte Fiera di Bologna (1996) e di Milano (1997).
Nel 2000 Marcello Meucci fonda insieme allo storico Andrea Bolognesi il Movimento Estrarte.
Le opere di Marcello Meucci si trovano in collezioni e gallerie in Italia e all’estero.
Dal 1989 il dato realista scompare nella pittura di Marcello Meucci per far posto ad una ricerca interiore, che lo porterà ai Particolari. In questa serie di opere la superficie del quadro si ricopre di una miriade di piccole pennellate, quasi a creare una trama, riferimenti ad una pittura segnica, oppure ricordi di una pennellata divisionista. “è come se si fosse soffermato ad osservare un piccolo angolo del quadro già realizzato, con un potente zoom di una macchina fotografica, per cui un ciuffo d’erba composto di centinaia di filamenti è diventato il soggetto dell’intera tavolozza, realizzato con operazione quasi certosina ma mai affidata al caso” (F. Riccomini, L’astrazione del paesaggio, presentazione alla mostra tenuta alla Galleria Marchese, Prato, marzo 1997).
Dipingere il Particolare, diventa dunque approfondita ricerca interiore, l’occhio può solo immaginare ciò che si cela sotto le trame dei segni, l’artista rifiuta di offrirci un’immagine conosciuta, ma ce la suggerisce, nella trasfigurazione del ricordo, in una rivisitazione più intimista, nella realtà filtrata da un sentimento lirico. S.T.