Valentino Moradei si è diplomato con Oscar Gallo all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1981. Il suo primo periodo lavorativo lo portò per un biennio a Hierapolis, in Turchia, dove apprese le tecniche del restauro di marmi antichi, che poi gli consentirono di tenere un corso di restauro scultoreo presso il museo archeologico di Izmir.
Attivo anche come grafico, presenterà nel 1982 a Madrid bozzetti per i manifesti della Biennale Internazionale di Arte e Sport e, nell’anno seguente, quello per la Pace, vincitore del concorso di Castiglioncello, al quale seguirà il manifesto per il 90° anno di fondazione della Camera del Lavoro di Firenze. Da tali molteplici esperienze Moradei si è formato solidamente nel mestiere, e l’idea plastica figurativa ereditata dal nonno Donatello Gabbrielli (scultore operante a Firenze tra le due guerre, discepolo ed erede degli scultori Fantacchiotti) gli è rimasta quale retaggio imprescindibile, monito a un impegno con il quale procedere lungo una ricerca figurativa in grado di esprimere il proprio tempo.
Nel 1984 Moradei inizia la sua carriera d’insegnante all’Istituto Statale d’Arte di Siena, e a Firenze presso alcuni istituti universitari statunitensi. Attualmente è titolare a Firenze della cattedra di discipline plastiche all’Istituto d’Arte di Porta Romana. Dal 1985 al ’90 lavora come scultore scenografo al Festival Pucciniano di Torre del Lago, alla Scala di Milano, al teatro comunale di Firenze e al Fabbricone di Prato, attività che gli consentirà l’uso dei più nuovi materiali plastici. Il lavoro di restauratore compiuto su statue antiche, alimenterà parimenti l’interesse per le patine, dal quale inizierà una specifica sperimentazione su resine sintetiche, rame, cemento e fibre di vetro, i cui risultati trovano interesse nelle varie mostre in Italia e all’estero. Nel 1982 Moradei si aggiudicherà il Premio Banca Mercantile per giovani scultori promosso dall’UIA presieduta da Ragghianti, esponendo a Palazzo Strozzi quindici sculture in materiali diversi: dal cemento, al bronzo e alla fibra di vetro, come la Figura maschile acquistata dalla Banca Mercantile. Nel 1986 gli verrà conferito il Premio Albacini dell’Accademia di San Luca (per tre bassorilievi in stucco) da una giuria tra i cui membri figuravano scultori come Venanzo Crocetti, Fausto Melotti e Quinto Martini. Nel 1990 una sua Figura maschile in piedi vincerà il concorso per l’arredo urbano del Cassero senese di Grosseto. Molto nutrita la sua attività espositiva: sedici mostre personali, tra le quali da ricordare nel ’95 le due di Tokyo, nel ’97 al Museo Burgkloster di Lubecca, nel ’98 ancora in Giappone a Fukuoka. Oltre quaranta le sue mostre collettive, tra scultura e grafica, tenute in Italia, Germania, Spagna e Giappone.
N2l 2008 l’artista dona al Comune di Greve in Chianti una fontana bronzea collocata nella piazza don Regoli dell’altezza di metri 2,90, intitolata Lympha.
“Ho coabitato da sempre con sculture e pitture che occupavano spesso quegli spazi destinati nelle altre abitazioni a mobili, piante, soprammobili, motorini, biciclette e valigie: perché dalle cantine alle soffitte, garage compreso, le vere padrone di casa erano le sculture. Messaggi continui, amplificati e filtrati, attraverso mia madre e mio zio, figli dello scultore Donatello Gabbrielli a sua volta allievo ed erede di un altro scultore figlio di scultore fino ad arrivare agli inizi dell’Ottocento”.
Così Valentino Moradei Gabbriel-li – che in omaggio al non conosciuto nonno Donatello ha ripreso in arte il suo cognome – rivendica per DNA la sua disposizione alla scultura. Sospinto dal favorevole destino, il ragazzo frequentò il liceo artistico e poi l’Accademia, allievo di Oscar Gallo scultore. La coscienza di artista appartenente al proprio tempo avverrrà a cavallo di queste due scuole formative, quando, nella seconda metà degli anni Settanta, un Valentino non ancora ventenne memore della grande mostra al Forte Belvedere, ricercherà nel messaggio di Moore le proprie valenze plastiche, che espresse in lavori come I Lottatori, Figura umana con scudo e pochi altri, lo introdurrano al secondo stadio della sua maturazione artistica. Che sarà quello della definitiva presa di coscienza dei valori plastici immortali riveduti attraverso i sintetismi della sua generazione, la quale, attraverso crescenti motivazioni, aveva cominciato a rimuginare sull’inalienabilità del messaggio figurativo.
Eccolo così consegnare, negli ultimi anni del decennio successivo, lavori grandi al vero come Figura femminile in piedi del 1987, e quella Figura seduta che tanto verrà rimpianta dall’autore per la sua scomparsa nella tragica e ormai storica circostanza di quella bomba assassina fatta esplodere nel maggio del ’93 in via dei Georgofili, strada attigua allo studio del Moradei in via Lambertesca.
Figure che una dopo l’altra sorgevano coerenti nei loro equilibri strutturali, per la cui maggior forza di sintesi veniva decurtata della testa – caso eccezionale, per un allievo di Oscar Gallo, virtuoso plastico di volti – come anche delle estremità inferiori e talvolta delle braccia. Una concezione di assoluta essenzialità che andava oltre alla citazione rodiniana e novecentesca del frammento, quanto necessità decostruttiva post moderna più prossima a certe necessità del Tavernari tra il ’50 e il ’60, nel fine di convogliare forze e maggior significato strutturale alla matericità dell’assunto plastico.
Modellatore di torsi e di figure grandi al vero, Moradei offre con questa donazione la sua parallela intenzione di ricerca verso la piccola dimensione del bronzetto e del bassorilievo, con la quale, tramite la parvenza della forma, approda a micro-strutturalità pervase da spasmi di materia che paion recare per esigue rappresentazioni del corpo virile, la lunga e tormentata storia dell’uomo.
Affiora, in questo lavoro, a seconda dell’incidere e del variare della fonte luminosa, una vitalità intrinseca di forme, di sommovimenti che trasfusi nella materia amorfa si mutano in pulsanti fremiti di organismo vivente. Sublime risultanza, come insegna Donatello – non il nonno di Moradei, ma il Donatello della Sacrestia e dei Pulpiti di San Lorenzo – di un rilievo portato a quel trascorrere della luce che, sfumando, acquista vivifico senso di pittura.
Nel suo appiombo privo d’ogni appoggio, compreso quello naturale dei piedi, questo corpo da umano si fa spirituale, variando potenzialmente il suo significato intrinseco, le sue continue proposizioni metaforiche suggerite sia in senso materiale che metafisico, emanate da infinitesimi particolari plastici, apparendo di volta in volta quale frammento plastico di moderna sostanza rodiniana o sunto mnemonico di virilità eroica; parvenza di corpo crocifisso o della sua trasumanata sostanza: materia transustanziale in procinto di accedere al regno dello spirito.
Opera esigua e densa, questo bassorilievo afferma le potenzialità espressive dei nuovi materiali plastici che Moradei largamente impiega: dalle resine agli stucchi per carrozziere, dalle fibre di vetro al cemento. Materiale quest’ultimo non certo di nuova concezione, ma da Moradei elevato, tramite sperimentazione di patine, dal suo ruolo di materia vile e condotto a risultati estetici talvolta superiori al bronzo. Risultati che non derivano dal DNA del nonno Donatello, virtuoso della più nobile materia, il marmo, quanto risultato autonomo di un interesse iniziato in Turchia come restauratore dei marmi antichi, sommovendo un amore per le patine che affiancherà quello innato per la forma, fino talvolta a sopravanzarlo per peculiare spirito di ricerca.