Dalla metà degli anni Cinquanta, inizia l’attività pittorica che progredisce parallelamente ad un indagine sui rapporti tra condizione alienante dell’umanità e mancanza di creatività della società contemporanea. La necessità di sperimentare e verificare il suo lavoro, lo indirizza verso un dibattito culturale in opposizione al pubblico delle gallerie, ma che predilige, la relazione con una fruizione di massa. Dunque, Pecchioli comincia la propria attività proponendosi contro le mode culturali, in favore di nuovi movimenti infatti, nel 1959, fonda con Xavier Bueno, Piero Tredici, Sirio Midollini e Manfredi Lombardi, il Gruppo Nuova Corrente.
Dagli stessi presupposti ideologici, nasce l’esperienza collettiva di Segno Rosso che, nel 1965 viene fondato dallo stesso Pecchioli insieme a Vinicio Berti, Giampiero Avanzini, Natale Filannino, Nadia Benelli ed altri artisti riuniti in via del Moro, presso il laboratorio di un antifascista, Gino Tagliaferri, duramente perseguitato. Nel 1970, fonda, con Mauro Bini, lo Studio d’Arte Il Moro che nel 1971, si costituisce come Collettivo Autogestito, con Avanzini, Filannino, Benelli, Galligani, Gori, Papasogli e Rosselli; nel 1972, aderisce al manifesto Nascita di una morfologia costruttiva partecipando anche alla omonima Mostra alla Strozzina, (Palazzo Strozzi, Firenze, 1973). Pecchioli è presente a tutte le più importanti esposizioni dello Studio d’Arte Il Moro, citiamo: Internationale Kunstmesse Art 3’72, Basilea, 1972; Verifica, rassegna del collettivo curata da Ugo Barlozzetti, Firenze, 1972; Grafica ’74, rassegna organizzata dal Centro 6, Bari, 1974; Bruno Pecchioli, nella serie delle Mostre-scambio con il Centro Culturale Il Gabbiano, La Spezia, 1975; Bruno Pecchioli, nella serie delle Mostre-scambio con il Centro Sperimentale di Ricerca Estetica ti.Zero, Torino, 1975; Firenze Estate’76, Piazza Santo Spirito, Firenze, 1976; Ex Natura, mostra itinerante di grafica, Firenze, Udine, Napoli, Bologna, gennaio-giugno, 1979; Evidenza da Nascita di una morfologia costruttiva/I percorsi di una ricerca, Firenze, 1985; Una situazione fiorentina, centro Culturale Magazine, Prato e Studio d’Arte Il Moro (Borgo della Stella), Firenze, 1987.
Dai primi anni Ottanta l’artista scopre nuovi materiali e si interessa di Mail Art, infatti, nel 1989, promuove la Mostra di Mail Art Internazionale e produce almeno tre Libri d’Artista. Con questa esperienza, si conclude il percorso artistico di Pecchioli che muore il 19 agosto 1993.
Fin dagli anni Sessanta, Bruno Pecchioli, sviluppa un tipo di ricerca ispirata all’esperienza neo-realista, necessario punto di partenza per un personaggio che ha rivendicato costantemente un cosciente impegno democratico nella società contemporanea. Tuttavia, nelle sue opere, si manifesta l’urgenza di superare la poetica neo-realista, in favore di una ricerca volumetrica volta alla riduzione formale, alla sinteticità e chiarezza compositiva, a cui si aspirano in quegli anni tutti gli astrattisti classici.
L’artista abbandona ogni residuo di figuralità per aprirsi a nuove composizioni basate su forme geometriche essenziali; l’elemento archetipo è principalmente il cubo che, viene studiato in ogni sua possibile posizione e soluzione cromatica per generare, una continua sperimentazione visuale basata su una dialettica tra spazio, luce, piani e campiture.
Negli ultimi lavori, tra i quali si inserisce Struttura nello Spazio del 1989, Pecchioli viene attratto da tecniche e materiali nuovi; scrive Eugenio Miccini: “[…] su questa tua recentissima (che tuttavia precede dal suo lungo tragitto) esperienza di pittore in bilico tra la materia, le sue trame colorate (gli ambigui cromemi delle fibre della juta e dei jeans) e l’assiduo controllo morfologico […] Tutta la tua vita nei quadri e tutti i tuoi quadri nella vita anche nella vita di tutti […]” (cfr. E. Miccini, Epistola a Bruno, Firenze, 25 marzo 1976, in Firenze/Ricerca - Arti Visive. Documenti ed esperienze dal dopoguerra ad oggi, a cura dello Studio d’Arte Il Moro, Firenze 1985, p. 358).
In questa fase, la forma geometrica, che resta alla base dell’opera, si arricchisce di applicazioni di oggetti definiti, da Vinicio Berti, “poveri”, come juta o jeans incollati direttamente sulla tela. L’impianto del modulo quadrato resta rigorosamente intatto, le forme regolari e misurate non soccombono mai al forte impatto visivo della materia che si sostituisce, in una sorta di mimesi, al tradizionale colore. Dunque, Pecchioli definisce un proprio linguaggio formale basato sull’equilibrio tra razionalità delle geometrie e fisicità delle materia la quale, “[…] ripete alla mente un senso di natura non ancora perduto […]” (cfr. E. Miccini, Epistola a Bruno, cit., p. 358).