Seve Sospizio nasce a Perugia il 12 aprile 1908 da Luigi Sospizio di professione impiegato di origini siciliane e Felicita Lupo. Ultimo di tre fratelli, nei primi anni di vita si trasferisce spesso a causa di impegni di lavoro del padre: già a solo pochi mesi di vita è infatti ad Alessandria, in seguito a Senigallia, poi ad Ancona, in Sicilia e dal 1926 si stabilisce a Firenze, che continua a lasciare per brevi spostamenti per impegni di lavoro, familiari o di salute. .
Nel capoluogo toscano inizia la sua attività artistica nonostante la famiglia lo osteggiasse creandogli anche problemi economici. Mancandogli il sostegno economico della famiglia infatti Sospizio non riesce ad iscriversi all’Accademia o ad altre scuole d’arte, e quindi, da autodidatta, si esercita nel disegno, in particolare nello studio dell’anatomia umana, copiando, i modelli in cera conservati al Museo della Specola. Le sue prime opere note sono della fine degli anni Venti e mostrano una pittura ancora legata allo stile della “macchia”. La prima mostra ufficiale, che lo vede partecipe con tre dipinti, Un mattino alle Cure, Scalpellini in strada assolata, Paesaggio, è quella Sindacale fiorentina del 1934. I temi che l’artista rappresenta prevalentemente sono grandi paesaggi con figure alle quali possono essere riferiti temi sociali o allegorici e autoritratti. Nella primavera del 1942 è presente con due dipinti nella decima sala della XIII Mostra d’arte toscana apertasi a Firenze a Palazzo Strozzi. Durante gli anni della seconda guerra mondiale la sua attività si riduce, esegue comunque un interessante Autoritratto nel 1943 che figura oggi nella raccolta della Galleria degli Uffizi, conservata lungo il Corridoio Vasariano. Nella mostra dell’8 dicembre 1945 realizza una personale alla Galleria Firenze e ottiene un tale successo che il dipinto I guitti viene acquistato per la collezione della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze. Di salute cagionevole, alterna periodi di intenso lavoro a lunghe pause durante le quali si sposta nelle varie località marine assieme alla sua compagna Lia vendendo i suoi dipinti ad amici e collezionisti che lo apprezzavano e sostenevano economicamente. Muore il 22 giungo 1962 a Senigallia.
Il dipinto a olio, firmato e datato dall’artista, rappresenta un interessante documento dell’attività di questo valido maestro del Novecento solo recentemente riscoperto e rivalutato dalla critica. Interessante è notare la tecnica pittorica di Sospizio che lavora usando il colore con contorni sfumati che invece che ricreare l’ambiente, le figure o gli elementi naturali, restituisce l’ombra e il profilo di ogni cosa visibile, immergendola in una luce fantastica. I soggetti dei dipinti di questo artista provengono da frammenti di vita quotidiana colti nei caffè, nei teatri, negli angoli delle strade, che era costretto a frequentare in quanto privo di un spazio deputato a studio, e con i quali costruiva una sorta di tavole viventi, dove alternava il rigore delle sue composizioni alle sfumate tonalità dei colore, creando visioni inesorabilmente evanescenti. Nel dipinto della collezione monsummanese è evidente la capacità dell’artista nell’esprimere il senso della quiete, della solitudine, dell’isolamento dei singoli personaggi che sembrano cristallizzati nonostante la viva partecipazione al racconto trascritto sul dipinto. Il tempo sembra essersi fermato per Sospizio e i suoi paesaggi conservano un sapore antico che riflette il mondo ideale, traslato verso la fantasia, nel quale viene costruita la sua personale contemporaneità. Seve Sospizio è un’autodidatta che costruisce il suo stile personale prendendo spunto dai principali movimenti artistici del Novecento, Divisionismo, Surrealismo, Pittura della Macchia, ma mantenendo la sua originalità e realizzando dipinti colti, raffinati, silenti, malinconici e discreti, in tutto la produzione della sua vita.