Dopo gli studi universitari, inizia ad interessarsi ai rapporti tra le arti e alle connessioni interdisciplinari in particolare, dalla metà degli anni Quaranta, si avvicina alle avanguardie storiche e letterarie soprattutto al Dadaismo, dalla cui lezione nascerà la rivista studentesca “Monitore” da lui redatta nel 1949. In questi anni, Lamberto Pignotti approfondisce in particolar modo un tipo di lavoro basato sulla dialettica fra critica ed arte e fra poesia e poetica, dando inizio anche alle sue prime sperimentazioni di arte verbo-visiva. Nel 1954, pubblica in ciclostile la sua prima raccolta di poesie, Odissea, nella quale propone particolari stravolgimenti linguistici, come ad esempio, la completa esclusione della punteggiatura. Gli interessi sulle invenzioni sperimentali dal punto di vista linguistico, lo spingono ad attuare un tipo di critica estremamente avanguardista e militante, che inevitabilmente, viene favorevolmente accolta da Eugenio Miccini, con il quale condivide le prime esperienze collettive all’interno del Gruppo 63 e del Gruppo 70.
Nel 1965, Pignotti cura la prima Antologia della Poesia Visiva Italiana, che alterna alle collaborazioni con quotidiani come “Paese Sera”, “La Nazione”, “L’Unità”, “Rinascita”. Dal 1971, insegna alla Facoltà di Architettura di Firenze e alla Facoltà di Lettere di Bologna, dove tiene dei corsi sui rapporti fra avanguardie e mass-media. La particolarità di Pignotti si evidenzia in un lavoro che progredisce grazie a interrelazioni fra segni di diversa provenienza: oltre ai modelli verbali attinenti ai linguaggi specialistici e a quelli mass-mediali, si serve anche di segni pertinenti ai codici della vista, dell’udito, del gusto del comportamento e dello spettacolo, da quest’ultimo soprattutto nasce, nei primi anni Sessanta, Poesie e no, uno spettacolo curato con Miccini, nel quale si alternano proiezioni di diapositive di poesia visiva, con manifesti poetici della Marcucci ad altre manifestazioni extrapoetiche quali, film, registrazioni su nastro, lettura di giornali, azioni poetiche, audizioni di musica classica e moderna. Inoltre, Pignotti ha condiviso con Antonio Bueno, Lucia Marcucci ed Eugenio Miccini, l’esperienza della cinepoesia, ossia, uno speciale montaggio di sequenze cinematografiche messe in rapporto con elementi verbali filmati; da queste sperimentazioni, l’artista elabora le poesie auditive, presentate nel 1965 ad una delle più rilevanti manifestazioni del Gruppo 70, intitolata Luna park.
Per il suo lavoro ha ricevuto numerosi riconoscimenti, per i premi di poesia ricordiamo: Premio Città di Firenze, 1958; Premio Cino Del Duca, 1961; Premio Alte Ceccato, 1965; per la critica d’arte, ha vinto il Premio Acquasparta, 1987 e il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Tra le tante esposizioni, oltre quelle citate, ricordiamo soprattutto le collettive, dato che, l’artista non ha mai creduto molto alle mostre personali, (le poche personali, furono in gran parte allestite allo Studio Santandrea): Tecnologica, Firenze, Galleria Quadrante, 1963, la XXXVI Biennale di Venezia del 1972 in Il libro come luogo della ricerca, nel 1973 è compreso nella mostra alla Galleria Civica D’Arte Moderna di Torino nella mostra Scrittura visuale in Italia 1912-1972, del 1978 è la seconda partecipazione alla XXXIX Biennale di Venezia invitato nel Padiglione del Belgio in Naturales, nell’81 è a Roma, dove peraltro risiede dal 1968, e partecipa alla mostra Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980, a Palazzo delle Esposizioni, e alla XI Quadriennale del 1986 a Palazzo dei Congressi.
È compreso nel volume di F. Camon, Il mestiere di Poeta (Lerici, 1965; Garzanti, 1982); le sue opere figurano nella Collezione Marvin Sackner, Miami Beach (USA).
“I pezzi del mondo tecnologico vengono smontati, classificati, ricostruiti, rovesciati: essenzialmente è capire le regole del funzionamento […] Dunque poesia-fumetto, poesia-rotocalco. O meglio: poesia-controfumetto, poesia-contropubblicità, poesia-controrotocalco. I moduli e i veicoli delle odierne comunicazioni di massa sono infatti assunti e contestati a un tempo […] Nella poesia visiva trovate la frase fatta, lo slogan, la didascalia, la foto della diva, l’auto di serie, il volto dell’uomo politico, il fumetto. Copia, trapianto, citazione? No. Lo scopo è di impostare e portare avanti il discorso in modo da dare un nesso in chiave artistica a ciò che realmente ci circonda, ci riguarda entra in noi, ma in modo per lo più caotico e acritico” (cfr. L. Pignotti, Discorso sulla Poesia Visiva in Firenze/Ricerca - Arti Visive. Documenti ed esperienze dal dopoguerra ad oggi, a cura dello Studio d’Arte Il Moro, Firenze, 1985, p. 213).
La lunga serie di opere sul Visibile Invisibile, nasce da una smitizzazione critica di un genere di immagine alla moda; l’artista sceglie, per questa via, una serie di pagine pubblicitarie piuttosto sofisticate, che si distaccano da quelle più usuali di livello volutamente medio-basso, ed agisce direttamente sull’immagine con scritte a pennarello e cancellazioni per abrasione. Il collage dal forte impatto visivo, usato nelle prime esperienze di poesia visiva negli anni del Gruppo 70, lascia ora il posto ad una elaborazione più sottile, che si insinua fra le immagini originali, creando, solo apparentemente, un contrasto minimo. In realtà, l’operazione dell’artista, tende ad una sorta di mimesi visiva con l’immagine originale, cosicché il messaggio ironico e dissacrante a cui tende risulta particolarmente evidente, proprio perché è già insito nella pagina pubblicitaria. Pignotti attua una vera e propria trasfigurazione di quegli stereotipi iconografici di cui i mass-media abusano, e ricostruisce così, un nuovo ordine di significati attraverso la voluta equivocità.
Nell’opera in questione, Visibile Invisibile del 1980, l’occultamento di una porzione dell’immagine, in questo caso il volto della modella, implica l’irriconoscibilità immediata dell’immagine nella sua interezza; questo è “l’invisibile”, che si alterna al “visibile”, ossia la pubblicità nel modo in cui ci viene proposta. L’eccessiva semplificazione e facilitazione della lettura, livella la capacità di discernimento, mentre quello a cui tende Pignotti, è un impegno ed un coinvolgimento dello spettatore, richiamato a mettere in moto la fantasia e la coscienza critica.