Mac,n - Museo di arte Contemporanea e del '900

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Jorio Vivarelli

Fognano - Montale (PT), 1922 / Pistoia,2008


Il padre era un semplice scalpellino proprietario di una piccola bottega di marmi. Il giovane Jorio per mantenersi agli studi, prima alla Scuola d’Arte pistoiese di Fabio Casanova, poi all’Istituto d’Arte di Firenze (allievo di Bruno Innocenti) comincia molto presto a maneggiare gli arnesi del padre, adattandosi ai lavori più umili. Nel 1942 è chiamato alle armi e inviato sul Fronte Balcanico. Pochi giorni dopo l’8 settembre 1943 è fatto prigioniero dalle truppe tedesche; da lì l’avvio di una lunga prigionia, vissuta nei campi di concentramento in Ungheria, in Austria, poi in Germania. In questi luoghi oppressi dalla morte fisica e morale, riesce a sopravvivere, a restare vivo alla tragedia che inevitabilmente segna il suo essere uomo e artista.

Nel 1946 il ritorno a casa e la ripresa dell’attività creativa. Fa un po’ di tutto, ancora una volta le esigenze della sopravvivenza determinano le scelte. Nel 1951 trova lavoro nella fonderia Michelucci a Pistoia, qui l’incontro con l’architetto Giovanni Michelucci, incontro determinante per il suo percorso artistico che darà subito avvio ad una intensa collaborazione. Da questo rapporto nascono infatti i primi Crocifissi che trovano posto nelle chiese realizzate da Michelucci (Parrocchiale di Larderello, Chiesa della Vergine a Pistoia, Chiesa di San Giovanni a Firenze).

Emblematiche, laceranti opere, che alla emotività mistica contrappongono un’aperta e sofferta carica d’umanità, un grido dell’uomo (e anche dell’artista) scritto in brani di verità naturalistica ma a stretto contatto con acri deformazioni espressionistiche. Il modello era forse la scultura di Giovanni Pisano, racchiusa nelle chiese romaniche pistoiesi dove il giovane Vivarelli aveva indugiato, attratto dal fascino e dalla carica emotiva propria della scultura trecentesca.

Nel 1955, in occasione dell’esposizione fiorentina su Frank Lloyd Wright, Jorio Vivarelli conosce l’architetto americano, curatore della mostra, Oskar Storonov. Un incontro che si trasforma in un solido rapporto di amicizia e di lavoro. Con Storonov, Vivarelli conosce e affronta i problemi della scultura inserita nelle città e nelle aree urbane. Nascono così le opere che troveranno posto nelle grandi piazze di Philadelfia e Detroit e porteranno l’artista pistoiese nel Michigan per sei anni. Dall’insieme di conoscenze e fermenti stimolanti propri di quel periodo, così febbrile per l’artista, nasce il Gruppo intrarealista, presentato ufficialmente nel 1967, a Firenze, a Palazzo Strozzi, con l’intento e la necessità “di esprimere qualcosa di nuovo e di dirlo in modo diverso”.

Parallelamente ad una assidua attività didatica presso l’Istituto d’Arte Petrocchi di Pistoia, intrapresa già nel 1959, Vivarelli è impegnato negli anni seguenti in numerosi ed importanti eventi espositivi in Italia e all’estero. Esegue opere di grandi dimensioni: le fontane di Philadelfia (Le ragazze toscane, 1966, Adamo ed Eva, 1967, il bozzetto vincitore del Concorso Internazionale per la fontana di Piazza Kennedy, Riti di Primavera, 1964, poi mai eseguito), la fontana per lo Stevens College di Columbia, Missouri (Le bagnanti, 1967), il monumento a Giacomo Matteotti (Memoria storica, 1974) nel Lungotevere a Roma, il sacrario ai caduti di tutte la guerre (Monito, 1968) per il Cimitero comunale di Pistoia, il monumento ai caduti (Il sacrificio, 1979) per il Parco Monumentale di Fognano (Pistoia), la vasca per la Cassa di Risparmio di Prato (Scultura, 1986), il monumento di Nagasaki (Inno alla vita, 1987). Agli inizi degli anni Settanta in collaborazione con il Premio Pistoia-Teatro esegue il busto in bronzo di alcune attrici e attori più importanti del teatro italiano del secondo Novecento; la maschere in bronzo di questi ritratti, costituiscono oggi un “museo” al teatro Manzoni di Pistoia.

Nel 1989, a Lussemburgo si è tenuta una grande Personale con sculture, disegni e grafica, allestita nella Sala Vivarelli CFM, sala a lui intestata.

Jorio Vivarelli vive e lavora nella sua casa-studio progettata da Oskar Storonov, nella campagna appena fuori Pistoia. La sua interiorità creativa continua attingendo sempre tra le vicende dell’esistenza umana, con una pratica scultorea che è data dal levare, dallo scavo della materia per ritrovare e far affiorare un’interiorità, quale anima pulsante della vita. Una sorta di rivincita, di trionfo, ma anche una testimonianza di dramma e documento di una tragedia che è esplosa e che soltanto per una forza ed una volontà superiore, seppure umana, si è tramutata in riscatto.

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