Mac,n - Museo di arte Contemporanea e del '900

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Aldo Frosini

Pistoia, 1924 / Pistoia,2013


Si può dire che la vicenda artistica di Aldo Frosini inizi negli anni dell’infanzia, quando ancora ragazzino aiutava saltuariamente il cugino della madre, Enea Flori “decoratore di una certa bravura”. Sempre molto giovane frequenta i corsi serali della Scuola d’Arte pistoiese di Fabio Casanova, mentre di giorno si guadagna da vivere facendo il barbiere.

Nel 1941 si iscrive all’Istituto d’Arte di Firenze (sarà allievo di Giuseppe Lunardi, Alberto Caligiani, Carlo Guerrini), insieme ad altri due amici pistoiesi: il pittore Marcello Lucarelli e lo scultore Jorio Vivarelli. La vita fiorentina è densa di stimoli e nuove conoscenze, la scoperta degli Uffizi, Giotto, Masaccio.

La guerra interrompe gli studi ed è chiamato alle armi. Consegue il diploma di Maestro d’Arte nel 1946.

Dal 1947 al 1950 è impegnato in un’attività artigiana di costruzione di giocattoli in legno e articoli casalinghi, ma l’immissione di lì a poco della grande produzione in plastica lo costringe a ritirarsi. Resta però l’esperienza importante all’interno di tecniche artigianali che sempre segnerà il percorso dell’artista.

Agli inizi degli anni Cinquanta, entra nella cerchia dei pittori che gravitano intorno a Pietro Bugiani, Umberto Mariotti, Renzo Agostini, Alfiero Cappellini e ottiene l’incarico di assistente alla Cattedra di Disegno presso il Liceo Scientifico di Pistoia.

Nel 1954 inizia l’attività di restauratore, prima allievo di Giuseppe Rosi, poi autonomamente insieme a Mirando Jacomelli, con cui nel 1957, terrà a Viareggio alla Bottega dei Vàgeri, la prima personale.

L’inizio pittorico di Frosini è caratterizzato da una tavolozza molto colorata, pennellate febbrili intente a fissare sulla tela la macchia di colore. Un’ascendenza alle tinte fauve e comunque all’influenza dei francesi, una pittura di interni, con vasi di fiori, panneggi e fondi decorati (Due donne, 1950), dove ben presto scompare ogni residuo di un’immagine oggettiva per far posto ad una esigenza di equilibri fra toni cromatici e forme (Composizione allo specchio I, 1964).

Negli anni Sessanta si ha una semplificazione progressiva della figurazione, le tonalità dei bianchi e dei grigi prendono il sopravvento avvicinandosi ad una pittura più evocativa, più interiore, che lascia parlare la memoria (Finestra con panno bianco, 1965; Cartoccio, 1966). Importante in questi anni l’amicizia con il pittore astrattista pistoiese Nando Melani.

Nel 1973 in un viaggio a Parigi, entra in contatto con le nuove tendenze della pop art. Questa esperienza è significativa per il suo operare artistico, perché sollecita in lui una frequentazione, più volte timidamente tentata, nella direzione dell’astratto. Una fuga dal vero iniziata proprio in quei primi anni Settanta con la serie delle “reti” (Rete I, 1973), dove il pittore imbriglia l’uomo, ridotto a semplice pretesto figurale, dietro muri di segni incrociati, poi le “impalcature’ che continuano il ricordo di quelle usate per restaurare dipinti (Impalcatura e monofora, 1980), attraverso una severità compositiva propria di chi da sempre ha interiorizzato l’arte degli antichi maestri. Questo senso del linguaggio pittorico, fondato su una memoria storica, si manifesta maggiormente nelle “tele romaniche” della seconda metà degli anni Ottanta.

Ultimi lavori sono “le città”, dove l’artista dissolve l’immagine in un ultimo mosaico di chiara memoria romanica, ma ormai esaurita in una nuova sintassi, grattacieli innalzati da rigide geometrie, scandite dalla sovrapposizione cromatica di tarsie quadrate e di forma allungata, strisce, disegnate per un altro racconto pittorico.

Le opere di Aldo Frosini si trovano in collezioni pubbliche e private.

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