Figlio di artisti è educato nel culto dei maestri macchiaioli. Guardando il loro esempio studia da autodidatta seguito puntualmente in tutte le tappe della sua vicenda artistica dal fratello Enrico (pittore, disegnatore, biografo di Libero Andreotti). Chiamato alle armi nel primo conflitto mondiale, viene fatto prigioniero nel 1916 e portato nel campo di Mauthausen. Qui dipinge il suo primo autoritratto firmato e datato 1917. Dopo la guerra si trasferisce a Firenze, a Ponte a Mensola e continua a dipingere. Si sposa e si trasferisce in Veneto, dove nel 1922 nasce il figlio Franco (in seguito anche lui pittore). Sempre in questi anni, su consiglio del fratello va a vivere a Milano. Enrico Sacchetti ha nel capoluogo lombardo molte conoscenze e una posizione di rilievo che gli permetterà di organizzargli alla Galleria Lidel una prima personale. La mostra ha successo, Enrico è prodigo d’incoraggiamenti e gli suggerisce nuovi itinerari nella ricerca di un proprio linguaggio originale.
Nel 1929 lascia Milano per ritornare a Firenze dove, poco dopo espone insieme al fratello a Palazzo Antinori, in una mostra antologica che fa luce su tutte le sue esperienze: sessantotto pezzi, rappresentanti l’intera attività attraverso paesaggi veneti, lombardi, toscani, nature morte, ritratti, scene di famiglia. L’artefice di questo evento è Aldo Gonnelli, ammiratore e amico sincero dell’artista. L’espressione artistica è risolta nell’osservazione acuta e sensibile della realtà, attraverso l’attenta analisi della natura perpetuata attraverso pennellate fortemente costruttive di chiara ascendenza toscana. Nel frattempo Enrico si muove per un’altra mostra milanese, quella che nel 1936 si realizzerà alla Galleria Pesaro, con grande successo di critica.
Gli anni dopo la guerra vedono un nuovo trasferimento dell’artista, questa volta nella campagna vicino Montecatini (Pistoia), a Montevettolini. Qui dopo una lunga malattia scompare nell’aprile del 1950.
Le opere di Giotto Sacchetti si trovano presso la Galleria d’Arte Moderna di Firenze, alla Civica Galleria d’Arte Moderna di Milano, alla Galleria Giannotti di Novara, alla Collezione d’Arte Contempora-nea del Credito Cooperativo della Valdinievole a Montecati-ni (Pistoia); presso collezioni private di Firenze, Napoli, Torino, Milano, Venezia, Livorno, Roma, Buenos Aires.
L’opera proviene dalla collezione Gonnelli. Giotto Sacchetti era cognato di Aldo Gonnelli oltre ad esserne grande amico. Si tratta di un monotipo, eseguito su carta con colori ad olio. L’opera che raffigura dei fiori secchi, nella sua semplicità compositiva, svela la libertà della pennellata che si stende con piccoli tocchi, quasi delle tarsie, a coprire la trama del disegno. Pietro Torriano parlando delle qualità coloristiche di Sacchetti così scriveva nel 1935: “Questo pittore, ripetiamo, è pieno di un sentimento quasi orgiastico che s’esplica principalmente con il colore”; e ancora: “Talvolta il pittore aggiunge al colore una ricerca d’arabesco” (P. Torriano, Odierni aspetti dell’arte italiana. Carlo Prada e Giotto Sacchetti, in “Illustrazione Italiana”, LXIV, n. 11, marzo 1937).
Il sentimento che Sacchetti sapeva infondere in certi valori pittorici, la suggestione dei luoghi e degli ambienti familiari, caratterizzano la sua produzione artistica del tutto intimista e lontana dai fasti ufficiali.