Dopo un inizio figurativo di tipo neo-realista con punte espressionistiche-sociali vicine alla tradizione toscana del Novecento (da Rosai a Viani), passa allo studio dei costruttivisti e suprematisti dell’avanguardia storica russa volgendo le proprie ricerche verso una decisiva direzione: l’astrattismo.
Dall’inizio degli anni Sessanta, si lega al collettivo di Segno Rosso poi dal 1971, partecipa alla fondazione del gruppo de Il Moro con Giampiero Avanzini, Nadia Benelli, Natale Filannino, Mario Daniele, Paolo Favi, Alberto Galligani, Fabrizio Gori, Leonardo Papasogli e il critico Ugo Barlozzetti. È presente a quasi tutte le iniziative promosse dallo Studio d’Arte Il Moro, in particolare fino alla prima metà degli anni Ottanta. Tra il 1972 e il 1974 partecipa alle esposizioni nazionali ed internazionali promosse dal collettivo, citiamo: Mostra delle venti serigrafie raccolte nella cartella Nascita di una morfologia costruttiva, Firenze, marzo 1972; Internationale Kunstmesse Art 3’72, Basilea, giugno 1972; Verifica, Mostra del collettivo, Firenze, novembre-dicembre 1972; Nascita di una morfologia costruttiva, Mostra alla Strozzina, Firenze, Palazzo Strozzi, febbraio 1973; Grafica ’74, Bari, Centro 6, aprile 1974; Mostra di dodici serigrafie raccolte nella cartella Sei schede per una città, Firenze, giugno 1974; l’ultima partecipazione dell’artista risale alla rassegna dedicata ai componenti del collettivo dal titolo, Evidenze da: Nascita di una morfologia costruttiva/I percorsi di una ricerca, Firenze, febbraio-giugno 1985.
Rosselli percorre una strada univoca e coerente nell’ambito dell’astrazione; dagli anni Novanta, la sua ricerca si concentra sul tema dominante della Cittadella, (costruzioni di solidi con le quali l’artista intende delimitare un habitat, insieme fisico e sognato) che, si ispira al concetto di nuova realtà, definito dallo stesso artista: “La pittura astratta è libera e non subordinata dalle altre discipline, può proporre inediti e utopici progetti, ideare ipotesi e straordinari racconti che la propria peculiare originalità gli consentono. È operando con opportune e mirate azioni, che sarà possibile modellare e dar corpo attraverso la forma ad originali contenuti per fondare nuova realtà” (cfr. F. Rosselli, Franco Rosselli, in Nascita di una morfologia costruttiva Firenze 1972. Storia e presenze, Firenze 1999, p. 46).
Sul suo lavoro hanno scritto tra gli altri: Ugo Barlozzetti, Piero Bigongiari, Corrado Marsan, Eugenio Miccini, Vittorio Sgarbi, Marcello Venturoli.
“[…] il discorso di Rosselli si sviluppa in modo inequivocabile, personale. E dentro l’ambito astratto si articola in un flusso e riflusso cromatico e segnico, di furore naturalistico di antica sanguificazione espressionista e di pacato, architettonico schema mentale […]” (cfr. M. Venturoli, Franco Rosselli, in Firenze/Ricerca - Arti Visive. Documenti ed esperienze dal dopoguerra ad oggi, a cura de Il Moro Archivio Arti Visive, Firenze 2000, p. 3). Dai primi anni Sessanta, il lavoro di Franco Rosselli viene impostato su una decisiva e coerente astrazione; fin dalla prima esperienza della comune attività del collettivo di “Segno Rosso”, vissuta come momento cognitivo di indagine e di formazione, l’artista precisa un metodo di lavoro dove, condizione prioritaria è, il trasferimento nel dipinto della oggettiva sintesi. Negli anni Settanta, in coincidenza con l’impegno nel gruppo dello Studio d’Arte Il Moro, i suoi tratti stilistici maturano e si definiscono in un clima di reciproci scambi ed accese polemiche. Analizzando la funzione della pittura contemporanea, principalmente quella astratta, ne evidenzia le finalità costruttive che devono supportare l’ideazione di nuove e più avanzate realtà; secondo l’artista, spetta alla pittura astratta, svincolata dalla imitazione o riproduzione della natura, sviluppare progetti inediti ed utopici per fondare la nuova realtà.
La nuova realtà di Rosselli si concretizza nei suoi lavori. In Itinerari della Scheggia n. 3 del 1973, l’artista costruisce un’architettura di forme dinamiche che si originano e si prolungano al di fuori dello spazio consentito; attraverso configurazioni elementari e primigene, che imitano il movimento dei primordi, si definisce una forma monumentale generata da incastri di volumi compatti e saturi di colore. Come afferma Eugenio Miccini: “[…] le sue compagini, gigantesche, sature, gravide come totem geologici di chissà quali assurde orogenesi, sono imperfetti (nel senso etimologico di incompiute), sono frammenti o particolari di una realtà che deve essere riedificata nell’evento, di una ragione che trova nella parte immersa di questi iceberg uno stato di separatezza.” (cfr. E. Miccini, Franco Rosselli, da Arte Contemporanea e discriminazione assiologica, in Firenze/Ricerca-Arti Visive. Documenti ed esperienze dal dopoguerra ad oggi, a cura dello Studio d’Arte Il Moro, Firenze 1985, p. 361).