Luigi Giovanazzi nasce a Rovereto (TN) il 17 agosto 1956. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e si diploma nel 1980 nel corso di pittura tenuto dal professor Dino Lanaro con una tesi sul Restauro della danza Macabra di Pinzolo. Proprio da questa sua esperienza di studio inizia un’intensa attività pittorica che lo vede orientato verso la rivisitazione di opere antiche con soggetti mitologici e religiosi, dove la figura umana è sempre protagonista. La sua fervida fantasia, unita ad un’accesa curiosità rivolta alle tecniche, lo portano a vincere nel 1982 il Premio Giovanni Segantini ad Arco con un dipinto dal titolo San Giorgio e il drago, dove i colori del passato, con le loro calde tonalità, luci trasversali e marcate ombreggiature, costruiscono forme attuali, tratte dal vivere quotidiano dell’artista. Nel 1983 una personale a Brentonico lo mostra ad un pubblico incuriosito dal suo particolare modo di interpretare la figura e il paesaggio, entrambi studiati in una continua evoluzione spazio temporale, dove comunque lo studio del colore prende sempre il sopravvento sul disegno. Fino al 1995 la sua attività artistica subisce una brusca interruzione a causa del lavoro di restauratore di affreschi che intraprende sperimentando i materiali in diverse condizioni ambientali e temperature, poiché si trova molto spesso a lavorare in esterni, e verifica quindi le trasformazioni che subiscono in condizioni di forti escursioni termiche. Dalla fine degli anni novanta la sua ricerca diviene inarrestabile e alla sua attività pittorica, che vede gigantesche tele raccontare le storie dei miti dell’antichità, quali il Ratto di Europa del 1996, Il riposo di Diana o Supereroi, entrambi del 1997, Giovanazzi associa lo studio della costruzione scenografica museale che lo porta alla realizzazione di importanti elementi decorativi all’interno di mostre e musei, in esposizioni permanenti o temporanee, dove il suo impegno risulta fondamentale per il successo degli eventi. Di grande importanza storica sono per esempio due manifestazioni recentemente presentate al pubblico quali la ricostruzione del plastico del villaggio palaffiticolo dell’Età del Bronzo al Museo di Fiavé (TN), inaugurata nel 2012, e la mostra Sangue di Drago Squame di serpente. Animali fantastici al castello del Buonconsiglio di Trento, conclusasi da pochi mesi, dove all’ingresso un gigantesco drago accoglieva i visitatori permettendo ai bambini il passaggio tra le sue fauci spalancata.
La pittura continua ad essere, tuttavia, un piacere al quale l’artista dedica tempo ed attenzioni, ricreando ataviche immagini di paesaggi prive di figure, anche se la sua curiosità per gli strumenti e per i materiali da lavoro, quali colle, solventi, resine, lana di vetro, poliesteri, poliuretani, gessi e tutto ciò che può essere utilizzato nell’ambito del restauro e della conservazione, lo portano verso una ricerca basata sulle apparenze, sull’utopia dell’essere, il suo studio diventa una fabbrica dei sogni, dove può ricreare tutto ciò che l’immaginazione e il pensiero gli trasmette; così descrive infatti il suo lavoro“Prendo spunto dalla realtà che mi circonda e dalle emozioni che mi investono per inventare storie e nuove situazioni. Nonostante la mia formazione accademica, amo esplorare nuovi materiali e tecniche diverse, cercando a fatica di evitare la banalità.” La banalità non esiste infatti nelle opere Giovanazzi annullata dalla creazione di saldi ed essenziali strati e livelli di comunicazione col pubblico e supportata anche dalla scelta dei titolo delle opere, sempre indirizzati a rendere più chiara e diretta la comprensione dell’oggetto. Tra le “pozioni” dei suoi ricettari segreti è la curiosità che costruisce il fondamento di tutto il lavoro, da cui parte la voglia di guardarsi attorno per trovare la formula e le dosi giuste di realtà visiva ed emotiva, che verranno in seguito investite dalle sue brillanti sperimentazioni, creando un prodotto nel quale verità ed illusione saranno equamente miscelate. Durante il lungo percorso artistico e creativo Gigi Giovanazzi ha partecipato a numerose mostre personali e collettive e ogni volta i suoi lavori hanno spinto l’osservatore a cercare di capire da cosa è composto quel calzino che sorretto da una modesta molletta di “quasi” legno pende da una “quasi”tela, o dove scivolano quei “simil” limoni che hanno trovato una fessura nella cassetta di “simil” legno aprendosi una Via di fuga, e infine di cosa sono fatte le gambe solitarie della probabile bambina che noi immaginiamo stia osservando i “finti” pesci che nuotano in una “finta” acqua tra i suoi piedini nudi nella scultura Curiosità? Gigi Giovanazzi gioca col pubblico e lo stimola a partecipare al suo lento e meticoloso momento ludico, fatto di connessioni ed innesti, nel quale l’immagine deve congiungersi con l’immaginazione, per suscitare illusioni, miraggi, visioni magiche, e giungere a riconoscere e cogliere la realtà pensata e descritta dall’artista.
Il Tabernacolo rappresenta uno dei temi prediletti da Giovanazzi, molti sono infatti i tabernacoli che l’artista ha realizzato con diversi materiali che si riferiscono a elementi anatomici o oggetti d’uso quotidiano che sono i motivi predominanti del nostro vivere quotidiano. In questo caso specifico Giovanazzi inserisce, in un contesto preistorico, gli organi genitali femminili, rinchiudendoli all’interno di una gabbia di tronchi di diverse dimensioni. Con questa rappresentazione l’artista vuole sottolineare un atteggiamento maschilista nei confronti della donna moderna che nonostante l’emancipazione subisce ancora, tra le mura domestiche, soprusi e violenze dai loro uomini che credono di poterle trattare come fossero oggetti di loro proprietà, rinchiudendole in gabbie non sempre dorate. L’attualità dei soggetti scelti per i suoi lavori porta a varie e differenti letture per cui l’opera di Giovanazzi viene descritta dall’amico e collega Marcello Pola alla mostra Argille, svoltasi a Rovereto nel 2010, come quella di “uno stregone singolare, tramite ed interprete del divino, capace di quella magia che trasforma la realtà di molti nella sua esclusiva ed irripetibile lettura dell’universo. Egli non solo vede, ma guarda, non solo sente, ma ascolta, non solo dice, ma fa.